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Studio e considerazioni sui tempi del Sistema Sanitario Nazionale

a cura di Daniela Pastore

Fonti: Rapporti PIT del Tribunale del Malato 2009/2010/2011

 

Il problema delle liste d’attesa rappresenta uno dei temi più caldi della sanità, oggetto costante di studi e ricerche.

I motivi della costituzione e dell’allungamento delle liste d’attesa sono certamente molteplici. In primis va annoverato il progressivo invecchiamento della popolazione; a seguire il continuo cambiamento della percezione dello stato di salute da parte della popolazione, i cambiamenti delle valutazioni delle necessità sanitarie che evolvono all’aumentare delle conoscenze ed infine la limitatezza delle risorse disponibili.

Innanzitutto, è utile avere una visione globale dell’evoluzione delle problematiche legate alle liste d’attesa1, cercando di fornire oltre al dato, una nota di contesto del momento in cui queste sono state registrate.

Già nel 1996 attraverso i Rapporti PiT, il Tribunale per i diritti del malato, avviò le prime campagne di monitoraggio sulle liste d’attesa, seguite negli anni successivi da altri programmi su questo tema, che hanno contribuito a favorire una maggiore consapevolezza dei diritti nei cittadini2.

Come si evince dal grafico, le segnalazioni da parte dei cittadini riguardanti le liste d’attesa, sono incrementate notevolmente proprio negli anni ‘98-’99.

Nel 1998 il Decreto Legislativo 124/98, il cosiddetto “SANITOMETRO”, segna la prima importante presa di coscienza da parte dei legislatori rispetto alla necessità di fornire tempi certi ai cittadini per l’erogazione delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche. Il Decreto individua misure a favore dell’abbattimento delle liste d’attesa ed affida alle Regioni il compito di monitorare le situazioni regionali e ai direttori generali delle ASL e degli Ospedali la fissazione dei tempi massimi per l’erogazione delle prestazioni sanitarie.

Negli anni successivi (2002-2003) le segnalazioni mostrano una diminuzione, effetto probabilmente dovuto ai provvedimenti che hanno assunto le diverse Regioni e successivamente le diverse Aziende Sanitarie, e per merito di un fiorire di normative e linee guida che, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del nuovo millennio, avevano come obiettivo quello di fornire il vigore necessario all’impianto normativo preesistente.

Primo fra tutti il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001 (LEA) che stabilisce le prestazioni a carico del SSN e quelle escluse dall’assistenza pubblica, con l’obiettivo di rendere omogenea la quantità e la qualità delle prestazioni sanitarie e renderne più uniforme ed equo l’accesso sul territorio nazionale.

Gli accordi Stato-Regioni del 14 febbraio 2002 e dell’11 luglio 2002 e il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 aprile 2002, (Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa, che integra il DPCM 29 novembre 2001), hanno tentato di mettere a fuoco sistemi di erogazione omogenei a livello nazionale.

Vengono quindi individuati criteri di priorità cliniche che si basano in primo luogo sulle caratteristiche del paziente e quindi sullo stadio e decorso della malattia, sulla severità del quadro clinico e sulla prognosi dei pazienti.

Si cerca di individuare classi di priorità uniformi a livello nazionale (A, B, C, D), tempi massimi di erogazione validi su tutto il territorio e sistemi di monitoraggio dell’andamento dei tempi, promossi dal Ministero della Salute in collaborazione con le Agenzie per i Servizi Sanitari Regionali (ASSR).

Negli anni si procede a legiferare a favore del contenimento delle liste d’attesa, stabilendo iniziative dirette a favorire lo svolgimento, presso gli ospedali pubblici, degli accertamenti diagnostici in maniera continuativa, al fine di garantire una copertura continua del servizio (Legge n. 289/02).

Altro aspetto che ha contribuito a delineare il quadro normativo sulle liste d’attesa è l’introduzione dell’attività libero professionale dei medici all’interno delle strutture sanitarie (intramoenia), che era stata proposta dall’allora Ministro della sanità Bindi, come strumento da utilizzare per contribuire allo sfoltimento delle Liste di attesa (Legge 229/99).

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