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Sanità integrativa. Tra falsi miti e scarsa informazione del cittadino

Pubblichiamo la lettera inviata dal presidente dell’Ansi, Roberto Anzanello, a Quotidiano Sanità

 

Gentile direttore,

ho letto con attenzione e interesse la lettera inviatale dalla prof.ssa Isabella Mastrobuono, sui fondi sanitari. “I Fondi sanitari integrativi crescono ma mancano le regole”, questo era il titolo dato alla lettera e pubblicato da Quotidiano Sanità lo scorso 16 dicembre. Le scrivo per precisare alcuni temi che mi stanno particolarmente a cuore.

Lo sviluppo della Sanità Integrativa, insieme alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, sono due grandi sfide che ci attendono per i prossimi anni. La sanità integrativa, in particolare, assumerà una importanza sempre più crescente nel sistema di prestazioni della sanità italiana, considerando il valore – alto – già raggiunto dalla spesa “out of pocket”, sostenuta di tasca propria dai cittadini, e dalle caratteristiche e prospettive della sanità pubblica.

Tutti i rapporti, gli studi e le ricerche degli ultimi anni non hanno fatto altro che confermare come il Servizio Sanitario Nazionale sia in crisi, in alcune regioni più che in altre. Tempi di attesa lunghissimi, per visite e operazioni, strutture sanitarie in pessime condizioni, alto costo dei ticket: dai dati del Censis a quelli di Cittadinanzattiva emerge una situazione critica e allarmante. La spesa privata è ormai in costante aumento: nel 2015 è arrivata a 34,5 miliardi di euro, con un aumento di quasi due miliardi in un anno.  Nel contempo, purtroppo, è aumentato anche il numero delle persone che, soprattutto per motivi economici, ha rinunciato alle cure. Secondo il Censis, l’anno scorso sono state 11 milioni, due milioni in più rispetto al 2012. Il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, è a rischio. Ed è qui che entra in gioco la sanità integrativa.

Come ha riportato anche Mastrobuono, secondo i dati più recenti, parliamo di circa 10 milioni di iscritti, per lo più concentrati in oltre 300 tra fondi integrativi, soprattutto contrattuali, e società di Mutuo Soccorso, aperte a tutti.

Sono sempre più le grandi aziende – ma anche le piccole e medie imprese – che, tra i benefit aziendali, inseriscono la possibilità di avere una assicurazione o un sussidio sanitario. Anche e soprattutto grazie agli incentivi previsti a partire dalla Legge di Stabilità del 2016, confermati anche per quest’anno, il welfare aziendale sta vivendo un momento particolarmente felice. Ma la sanità integrativa non è un affare riservato ai lavoratori dipendenti. Ciò che manca, è la consapevolezza nel cittadino della possibilità di stipulare un sussidio sanitario per sé e per la propria famiglia. L’informazione scarseggia, e quando c’è, purtroppo, nella maggior parte delle volte, non è del tutto completa. Innanzitutto, è diffusa l’idea “sanità integrativa = assicurazione sanitaria”. Non è così. Il mondo delle compagnie assicurative fa parte del cosiddetto terzo pilastro, quello della sanità privata. La sanità integrativa è differente: il secondo pilastro, quello delle società di Mutuo Soccorso e dei Fondi Sanitari integrativi può infatti offrire ai cittadini una copertura sanitaria senza perseguire lo scopo di lucro e mantenendo come primo obiettivo la tutela della loro salute. Per chi si associa a questi enti sono previste anche agevolazioni fiscali. Ciò a cui spesso mirano alcune compagnie assicurative quando chiedono un riordino della normativa sulla sanità integrativa.

Le società di Mutuo Soccorso non sono paragonabili alle compagnie assicurative, e non possono quindi essere assoggettabili alle regole proprie del mercato assicurativo. Ciò che le differenzia è in primis l’assenza dello scopo di lucro che invece normalmente è parte integrante degli obiettivi di un’azienda privata. Ma anche il fatto che non hanno clienti, hanno soci, e ampliano la propria base societaria perseguendo l’interesse esplicitato nello statuto, tramite un contratto associativo.

Non esistono, nelle società di Mutuo Soccorso, quello che per le assicurazioni sono gli agenti. Ci sono i soci promotori, o soci informatori, appositamente formati, che operano secondo i valori della mutualità. Un intermediario assicurativo ha invece un vero e proprio contratto imprenditoriale, e agisce in nome e per conto di una società che persegue lo scopo di lucro. E che dire dei valori su cui si basano le società di Mutuo Soccorso? La solidarietà, l’aiuto reciproco, la mutualità. Ben diversi dalla mission di una compagnia assicurativa.

Assicurazioni e società di Mutuo Soccorso si muovono quindi in due settori di attività completamente differenti, legislativamente ben definiti, e rispondono a regole, controlli e normative specifiche e diverse.

L’operato delle società di Mutuo Soccorso è già stato regolato dal legislatore, proprio tenendo presente il carattere no profit di tali enti.

Certo, c’è ancora molto da fare, nel campo della sanità integrativa. Soprattutto informare i cittadini, e superare quelle che anche in questo caso, sono le forti differenze tra il nord e il sud del nostro Paese. Secondo i dati del rapporto C.R.E.A. Sanità, presentati lo scorso 14 dicembre, la spesa sanitaria privata intermediata rappresenta solo il 10,1% della spesa privata. Una percentuale veramente bassa, se confrontata con gli altri paesi europei. Per il 4,0% si tratta di spesa per polizze individuali, il restante 6,1% di spesa per polizze collettive (Fondi sanitari integrativi e complementari, Società di Mutuo Soccorso). La componente intermediata rappresenta il 13,4% della spesa privata nel Nord e il 10,7% nel Centro; nel Sud e nelle Isole si ferma al il 3,3%. Se non si avvieranno il prima possibile politiche serie di sensibilizzazione e più incentivi, il Mezzogiorno rischia seriamente di rimanere escluso dallo sviluppo della sanità integrativa, rendendo sempre meno sostenibile l’assistenza.

 

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